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Presentazione

I curatori del progetto "Pordenone Novecento" illustrano l'iniziativa

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A partire dal 1841, data della costruzione del primo cotonificio di Torre, Pordenone ha conosciuto tutte le fasi e le contraddizioni dello sviluppo di una realtà industriale incapace di elaborare strumenti di controllo della crescita dell'organismo urbano. Le diverse sfumature ideologiche dei governi cittadini che si sono succeduti, soprattutto tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, non sono state in grado di mostrare elementi di discontinuità nel processo di costruzione della città. 

La fiducia che lo sviluppo economico avrebbe prodotto da sé un ambiente adatto e funzionale ha sempre indirizzato le amministrazioni del passato a elaborare strumenti di pianificazione deboli, delegando di fatto il disegno della città all'azione dei privati. Anche nel concorso per il Piano Regolatore del 1936 prevalse l’appoggio ad uno strumento urbanistico che modificava di poco tale situazione.

Sul piano formale invece i linguaggi dell’architettura cercarono di dare seguito al dibattito nazionale ed internazionale: nonostante l'assenza di "maestri", alcuni importanti progettisti perseguirono la costruzione di un'immagine lapidea della città industriale, edificando architetture aggiornate e rigorose.

Il lavoro qui presentato ha l'obiettivo di fare emergere le figure professionali - pressoché sconosciute - che contribuirono alla costruzione della città e alle sue quinte edilizie.

La necessità di rimanere entro il perimetro della rappresentatività ha richiesto uno sforzo di selezione delle opere; tale responsabilità, seppur suffragata da criteri condivisi e dalla bibliografia esistente, ha comportato l'inevitabile esclusione di alcuni edifici. 

Questa raccolta ha provato a ricomporre una possibile lettura diacronica e sociale del significato che l'architettura ha avuto per la città. In una realtà come quella di Pordenone, che è la sostanziale rappresentazione fisica del fallimento della disciplina urbanistica, la realtà urbana visibile sottende una narrazione più complessa di quanto possa apparire.

La sequenza dei capitoli tenta anche di costruire un racconto di senso dei luoghi, cercando di tralasciare i formalismi e gli specialismi della disciplina, nell'intento di superare quell’idea che vede l'opera isolata dal suo contesto.

Con la selezione proposta crediamo invece di aver testimoniato che la struttura urbana propone diverse tracce d’interpretazione culturale le quali ci possono permettere di smontare e leggere la città vis a vis comprendendo meglio il senso della sua forma. Lungo il dipanarsi delle strade nelle quali sono collocate, le opere non appaiono isolate ma si dispongono in un ambiente complesso quanto indeciso, a volte tanto difficile da decifrare che il ricorso alla categoria della bellezza urbana pare non trovare sufficiente significato.

Abbiamo quindi cercato di raccontare, attraverso l’architettura, i processi culturali che sottendono la città. In breve si è provato a comprendere se fosse possibile descrivere la realtà senza partire da atteggiamenti critici e moralistici, cercando invece di trovare, nel dipanarsi dei diversi capitoli, il senso delle singole opere in relazione al contesto sociale e culturale. 

L'orizzonte di tale operazione ha necessariamente un carattere aperto, in quanto il lavoro da svolgere rispetto al dipanarsi del problema critico è ancora consistente, e che il cammino da compiere per studiare e comprendere meglio la cultura architettonica pordenonese nel corso del Novecento è in buona parte ancora da percorrere.

I curatori

Moreno Baccichet

Andrea Catto

Paolo Tomasella

 

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pubblicato il 2020/12/21 17:45:00 GMT+1 ultima modifica 2021-03-03T10:47:00+01:00
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